Riferimenti storici

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Le aree della golena storica del Po e gli annessi territori fluviali del Morbasco e dei Navigli rivestono un’importanza fondamentale nello sviluppo del territorio cremonese legato indissolubilmente alle acque di irrigazione della campagna produttiva.

Riguardo all’area urbana della città di Cremona non pochi sono stati gli sforzi compiuti negli anni dalle varie amministrazioni municipali di creare zone di rispetto tra la città e il fiume Po ad esempio con la previsione di un vasto parco lungo il viale Po all’inizio del novecento e di un parco lungo il Morbasco nel periodo tra le due guerre mondiali.
Questi nobili intenti, purtroppo smorzati dal fervore costruttivo del secondo dopoguerra, sono riemersi man mano confluendo negli strumenti urbanistici posteriori ed in particolare con il PRG adottato nel 1979.
Da qui parte il lungo percorso per far riconoscere alla Regione Lombardia la rilevanza ambientale e paesaggistica delle aree fluviali del corso del Po a lungo dimenticate dalla programmazione dei parchi fluviali regionali.

Dal punto di vista del percorso amministrativo le varie vicende dei territori compresi nel PLIS del Po e del Morbasco hanno inizio nel 1985 con l’approvazione del nuovo PRG. Detto strumento prevedeva un vincolo urbanistico per l’intero ambito territoriale posto al di sotto del ciglio del terrazzo morfologico, vincolo non astratto in quanto il Comune di Cremona ha subito avviato una serie di approfonditi studi interdisciplinari. Questi studi confermarono la rilevanza del Morbasco e del suo corredo di vaste aree boschive e di zone umide. Di contro confermarono il marcato depauperamento della golena del Po derivante principalmente dalla funzionalità alla pioppicoltura industriale e alle molteplici attività di cava ancora presenti.

Il lungo processo di inversione di tendenza per la riqualificazione del lungo Po inizia con la “legge Cutrera” del 1994 che offre la possibilità alle amministrazioni comunali di ottenere i terreni demaniali in concessione e di avviare una potente opera di riforestazione.

Per il Morbasco, oltre alla conservazione del patrimonio naturalistico e paesaggistico, si pongono rilevanti questioni idrauliche connesse alla gestione e al controllo degli eventi atmosferici eccezionali dovuti ai cambiamenti climatici in corso. Le altre finalità perseguite con l'istituzione di PLIS riguardano la tutela di vaste aree a vocazione agricola, il recupero di aree degradate che spesso contraddistinguono i contesti periurbani, la conservazione della biodiversità, la creazione e potenziamento di corridoi ecologici, la valorizzazione del paesaggio tradizionale, la tutela di bodri e zone umide, la valorizzazione della flora e della fauna.

Le ragioni dell’ampliamento
Da quanto sin qui illustrato si evince l’esigenza primaria di inquadrare la gestione del PLIS in un ambito territoriale che comprenda, da un lato, il coinvolgimento dell’intero corso del Morbasco e, dall’altro, l’estensione del PLIS sull’asta del Po per collegarsi con il Parco Adda sud/SIC-ZPS di Spinadesco, a ovest, e con la ZPS Riserva Naturale Bosco Ronchetti, a est.

Le aree del Morbasco
Nell’assetto territoriale complessivo queste finalità sono perseguibili coinvolgendo nel perimetro del PLIS le aree della valle del Morbasco che si trovano a monte della foce (questa è già compresa nel PLIS).

Il corso del Morbasco (che prende forma da una risorgiva nel Comune di Paderno Ponchielli) ha subito nei secoli vari modificazioni interconnesse anche con le divagazioni del corso del fiume Po. Angelo Grandi, storico cremonese, offre alla metà del diciannovesimo secolo una dettagliata panoramica del percorso del Morbasco: “Colatore della provincia superiore. Formasi questo, qual raccoglitore degli scoli di rogge e delle acque pluviali, né territori di Casalmorano e Barzaniga. Discende e a modo di fiumicello….passa per mezzo a Cava Tigozzi, attraversando sotto ponte la strada postale milanese, piega verso Cremona nel territorio dei Corpi Santi di Porta Po, passa sotto il bel ponte che congiunge il nuovo magnifico viale (il riferimento è al Viale Po) e lungi 1 miglio circa ad ostro della città dirimpetto all’Isola De - Lugo – Radaelli (leggasi cascina Lugo) scaricasi nel Po. Sua direzione è da nord-ovest a sud-est, e la sua lunghezza è di 20 miglia. Per lo addietro, fino alla metà all’incirca del secolo scorso, il Morbasco fluiva nel Po alcune centinaia di passi prima della Cremonella , mentre questa immetteva direttamente in Po. Il celebre e ricco monastero di Nonatola fin sul principiare del secolo X possedeva dei beni al Morbassi-Morbasco (acqua e paese). Tal caseggiato cogli annessi fondi corrisponde forse o in tutto o in parte all’attuale Casanova del Morbasco. Intorno al 1200 il monastero delle Benedettine Nonantolane sotto il titolo di s. Lorenzo martire, teneva al Morbasco una chiesa con l’ospitale di San Nicolò”.

Lungo il corso del Morbasco si riscontrano a tutt’oggi importanti insediamenti storici e monumentali, realizzati in varie epoche, sia di origine monastica, che civile, agricola e militare. Queste strutture quasi sempre hanno sfruttato la geomorfologia dei luoghi per godere di posizioni sopraelevate. Non vi è alcun dubbio che stesso nucleo fondativo della città di Cremona abbia posto le sue basi su questi terrazzamenti al riparo dalle divagazioni del Po.

L’eloquente immagine di un’incisione di Smeraldo Smeraldi (il Po a Cremona – 1538 – Porta Po), ben sintetizza la collocazione centrale del sito urbano rispetto al corso del Po e del Morbasco.

Le aree dell’asta del Po
La complessità delle questioni relative al fiume Po, idrauliche, ambientali, sociali, economiche, possono solo essere evocate e convenientemente lasciate sullo sfondo di questa presentazione, rimandando ogni approfondimento alla copiosa letteratura.
E’ notorio come l’aumento dell’antropizzazione dell’ultimo secolo ha portato a profondi cambiamenti morfologici dell’alveo fluviale.
Le attività che maggiormente hanno contribuito ad alterare la morfologia del corso d’acqua sono state le estrazione di sedimenti, particolarmente intensa negli anni 1960-1970, la costruzione della traversa fluviale di Isola Serafini, le varie opere di canalizzazione (pennelli di navigazione e difese di sponda), e le variazioni d’uso del suolo a scala di bacino.
La risposta morfologica a tali sollecitazioni esterne è stata inizialmente molto intensa e ha prodotto, tra gli anni 1950 e 1980-1990, significative variazioni dell’assetto plano-altimetrico di ampi tratti, con una generale tendenza al restringimento e all’abbassamento dell’alveo di magra (limitata quella in alveo a far tempo dal 1995).

Rivolgendo l’attenzione su un taglio politico-amministrativo è appena il caso di ricordare come la pianificazione sia nazionale che regionale (lasciando da parte il discorso delle competenze dell’Autorità di Bacino per le azioni di difesa del suolo, del sottosuolo e delle acque) ha marginalizzato la “questione” del più grande fiume italiano, mortificando territori che pure avrebbero potuto rappresentare a livello europeo notevoli risorse ambientali ed ecologiche.

La Regione Lombardia ha poi inserito l’asta del Po, per l’importanza rivestita in quanto “Area prioritaria per la biodiversità e unico elemento di connessione lungo tutti i principali elementi che compongono la Rete Ecologica Regionale nell’ambito planiziale lombardo”, nel Piano regionale delle Aree Protette, senza tuttavia prevedere specifiche salvaguardie ma eventualmente demandando agli enti locali le specifiche iniziative.
Pertanto la situazione complessiva attuale del bacino del Po per le aree lombarde (ci sono parchi regionali istituiti in Piemonte e Veneto/Emilia Romagna) sconta questi ritardi e la situazione è complicata dall’ampiezza del bacino idrografico in particolare per la difficoltà di garantire la qualità delle acque, messa in crisi da scarichi civili non correttamente depurati e scarichi agricoli puntiformi.
Le golene del Po sono state in gran parte finalizzate alla produzione agricola (pioppicoltura in particolare) e alle attività di cava e le relative sponde sono state oggetto di interventi di consolidamento sia a protezione di queste attività che per la navigazione. Le conseguenze di tutto ciò hanno contribuito al restringimento della golena idraulica e alla progressiva riduzione se non sparizione della vegetazione ripariale e dei boschi fluviali.

Il PLIS del Po e del Morbasco ha certamente creato almeno localmente una forte inversione di tendenza nelle aree della golena, sostituendo la tradizionale pioppicoltura delle aree demaniali (esercitata in assenza di protocolli in grado di mitigare le ricadute ambientali) con un bosco stabile, recuperando le zone umide e bloccando ogni tentativo di nuove cave di sabbia extra alveo, le cosiddette “riqualificazioni ambientali”. Questo patrimonio che si è creato in termini di risorsa naturalistica e di biodiversità non può dunque restare isolato e deve necessariamente collegarsi con le altre realtà territoriali in grado di creare sinergie “connettive” che percorrano le reti ecologiche contemplate nel quadro regionale e provinciale, dando modo agli enti locali di esercitare la salvaguardia ambientale di competenza.

I territori del cavo Morbasco relativi ai Comuni di Sesto e di Castelverde ed i territori dell’asta del Po per i Comuni di Spinadesco e Stagno Lombardo, rappresentano pertanto importanti tasselli che andranno ad aggiungersi al PLIS esistente della Golena del Po e del Morbasco formando e completando un territorio omogeneo che colleghi tra loro le principali aree protette esistenti.

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